1

Alba e tramonto sulla Great Ocean Road

Duecentocinquanta km di tornanti a picco sull’Oceano tra foreste pluviali e cespugli argentei, spiagge iconiche per i surfisti di tutto il mondo come la Bells Beach, Johanna Beach e l’Apollo Bay, scenari mozzafiato, fari romantici come quello di  Cape Otway  e quei faraglioni di calcare e arenaria dai colori cangianti e dalle mille forme modellate dal mare e dal vento come i Dodici Apostoli divenuti uno dei simboli del Paese. E, come sempre accade in Australia, tutto ha dimensioni colossali, si percepisce la forza e l’imponenza della natura.  Tutto questo è la Great Ocean Road, nello stato del Victoria e a una distanza ragionevole da Melbourne, che parte da Torquay e arriva a Warrnmbool in un vortice di forme, profumi e colori travolgente.

L’origine della strada panoramica, tra le più scenografiche al mondo, risale alla fine della Prima Guerra Mondiale quando per dare lavoro e sostegno ai reduci e, allo stesso tempo, incrementare il turismo, il governo decise di avviare i lavori e scolpire nella roccia il percorso. Ci sono voluti 14 anni e 3mila soldati prima di giungere alla fine dell’impresa stappando letteralmente alla natura selvaggio la strada, pezzo dopo pezzo.  Ma ne è valsa la pena. Ancora oggi la Great Ocean Road attrae ogni anno milioni di turisti da tutto il mondo (me compresa).

L’ideale, come sempre accade in Australia, considerando gli spazi infiniti e le distanze, è quello di affittare una macchina per percorre la strada e magari spostarsi tra Melbourne e Adelaide. In ogni caso esistono dei tour organizzati e, se si hanno a disposizioni più giorni, mezzi pubblici che permettono comunque di spostarsi sulla Great Ocean Road. È bene comunque prevedere almeno due giorni: i colori dell’alba e del tramonto sulla costa più fotogenica del mondo valgono l’intero viaggio. La tentazione è quella infatti di fermarsi ad ogni tornante per scovare gli angoli nascosti, perdersi nel labirinto di stradine che raggiungono la costa lasciando correre lo sguardo alle onde gigantesche che si abbattono sulle rocce modellando i futuri faraglioni o cercando di avvistare le balene, esplorare le foreste pluviali e i santuari dedicati a koala e canguri.

Questo slideshow richiede JavaScript.




Lorella Cuccarini è La Regina di Ghiaccio

Lorella Cuccarini è LA REGINA DI GHIACCIO. Il musical, ideato e diretto da Maurizio Colombi e ispirato alla fiaba persiana da cui nacque la Turandot di Giacomo Puccini, ha debuttato al Teatro Arcimboldi di Milano dove rimarrà in scena fino al 10 dicembre prima di proseguire il tour nazionale, tra l’altro, al Teatro Auditorium di Cassano Magnago (12-13 dicembre), al Teatro Brancaccio di Roma (20 dicembre-7 gennaio) e all’Europauditorium  di Bologna il 13 e 14 gennaio.

Un cast artistico formato da venti performer fra attori, cantanti, ballerini, acrobati affianca Lorella Cuccarini.  La produzione è firmata da Alessandro Longobardi, direttore artistico del Teatro Brancaccio, per Viola Produzioni  e annovera nel cast creativo: Davide Magnabosco, Alex Procacci e Paolo Barillari per le musiche, Giulio Nannini per i testi, Alessandro Chiti per le scenografie, Francesca Grossi per i costumi, Alessio De Simone per il disegno luci, Emanuele Carlucci per il disegno suono, Rita Pivano per le coreografie. La musica originale, composta da 18 emozionanti brani musicali, arrangiata e diretta da Davide Magnabosco, mantiene dei riferimenti melodici ad alcune tra le più famose arie di Puccini
Lorella Cuccarini interpreta il ruolo di una crudele e malefica regina, vittima di un incantesimo che le ha reso il cuore di ghiaccio. Nel regno della regina di ghiaccio gli uomini sono costretti ad indossare una maschera per non incrociare lo sguardo regale. Solo colui che sarà in grado di risolvere tre enigmi potrà averla in sposa. Lo spettacolo, adatto per tutta la famiglia, vede un susseguirsi di sorprese ed effetti speciali.

 

 




Riccardo Rossi si racconta a teatro

Riccardo Rossi porta a teatro il mondo visto da Rossi nel monologo  “Rossi che più Rossi non si può”  in scena da stasera fino al 3 dicembre al Teatro Leonardo di Milano. “Più Rossi non si può” è uno spettacolo scritto da Alberto Di Risio  e si propone come un viaggio tra aneddoti, personaggi e situazioni.

L’attore romano, volto al cinema e in tv (ieri in “College” oggi con “Fuochi e Fiamme” e “I miei vinili”), ripercorre vent’anni di carriera, offrendo in carrellata di ritratti di persone e di situazioni analizzate da  un punto di vista assolutamente dissacrante: dalle scuole elementari,la cosiddetta età dell’innocenza con tutti i “traumi” che l’accompagna (scarpe ortopediche, pantaloni conti e vestiti da Zorro fatti in casa a confronto con i scintilla ti costumi degli amici usciti se non da un sarto almeno da un supermercato), all’adolescenza con i primi falliti approcci all’altro sesso, fino alla soglia  dei 50 anni tra timori ipocondriaci e voglia di giovinezza. Sardonico e dissacrante Riccardo Rossi dipinge un quando della quotidianità che, se visto con gli occhi dello stesso attore, diventa grottesco ma in fondo non innaturale.

DOVE COME E A QUANTO – “Rossi che più Rossi non si può”
Dal 28 novembre al 3 dicembre. Teatro Leonardo. Via Ampère 1. Biglietti da 12 euro.




Pippo Franco è Brancaleone

Pippo Franco debutta in Brancaleone al Teatro San Babila di Milano dove rimarrà va in scena fino al 3 dicembre. La commedia ispirata al cult di Mario Monicelli presenta una esilarante messa in scena ricca di colpi di scena e di sorprese al limite del grottesco dove, tra divertimento e risate, non mancano i momenti di riflessione.
Brancaleone, interpretato da Pippo Franco, di ritorno dalle Crociate in Terra Santa,  chiede ospitalità a un clerico eremita, uomo colto ed esperto cerusico al servizio del Vescovo di Trani. Brancaleone, pur non avendo mai perso il suo senso dell’ironia con cui affronta la sua esasperata esistenza, è in preda ad una crisi suicida: nella sua ultima battaglia si è finto morto per non essere ucciso dai Saraceni e ora vuole espiare la sua colpa ingerendo un veleno. Una volta tornato in sé a Brancaleone viene offerta dal Vescovo la possibilità di formare un’armata e di conquistare il Castello di Bellafonte caduto in mano ai saraceni. Il cavaliere accetta subito l’incarico ma formare un’armata non è facile e al condottiero si unisce soltanto una compagnia di comici incontrata durante il viaggio verso il castello è accompagnato dalla sua armata composta da grandi attori (tra questi i comici Gegia, Battaglia e Miseferi) . Grazie agli imprevisti che si trova a fronteggiare, Brancaleone si rende conto di aver vissuto metà della sua esistenza come uomo d’armi mentre l’altra metà, quella dell’esperienza dell’amore e della visione spirituale dell’essere, gli è rimasta sconosciuta.

Brancaleone -DOVE, COME E A QUANTO
San Babila di Milano 28 novembre – 3 dicembre
Biglietti a partire da 12 euro

 




D-Wine: GIAI VINI

di Alessandro Oteri – La Puglia, una delle più belle regioni d’Italia: la terra rossa bruciata, la natura aspra e contorta, il paesaggio marino che lascia senza respiro, l’odore della salsedine e della macchia mediterranea. I profumi e i colori di questa straordinaria regione si assaporano nelle bottiglie di Giai Vini, ottenute dai circa 30 ettari di vigneti dell’azienda distribuiti nell’arco jonico.

Daniele Marinelli e sua moglie Tiziana sono la giovane coppia che, con dedizione e amore, porta avanti la ditta di famiglia fondata nel 1943 dal nonno di Daniele.

Tutte le etichette di Giai Vini sono dedicate alla famiglia – dicono Daniele e Tiziana – così come lo stesso nome della cantina. Giai Vini, infatti, vuol dire Giovanni, il nome dato al nostro bambino, scomparso prematuramente. Così lo chiamava sua sorella Lucrezia, nella lingua imperfetta dei suoi 3 anni. Come una melodia, il suo nome risuona in casa, in cantina, tra i filari delle vigne, in ogni goccia del nostro vino. A Lui dedichiamo la nostra rinascita, la nostra azienda”.

L’azienda produce principalmente primitivo, negramaro, malvasia nera, un po’ di malvasia bianca e chardonnay. Il pezzo forte, senza voler togliere nulla altre altre bottiglie, è ovviamente il Primitivo di Manduria.

Lucrè Primitivo di Manduria D.O.P., con il suo colore rosso rubino, quel profumo leggero e fruttato che lo contraddistingue, la sua intensità morbida e corposa allo stesso tempo, è perfetto da accompagnare a piatti robusti di carne, salumi, formaggi a pasta dura.

D29D546C-B7C3-45D0-A58D-5991650F9262

Corimia Salento I.G.P. Primitivo, dal colore rosso tendente al violaceo, dal sapore pieno e fortemente aromatico, leggermente meno corposo di Lucrè, si sposa, anch’esso, con piatti carne, salumi e formaggi a pasta dura.

9328F7A6-95A5-4DDF-AACD-CAA52C474154

Anche i nomi di queste bottiglie hanno un significato particolare per Daniele e Tiziana. “Lucrè è il diminutivo della nostra primogenita, Lucrezia, mentre Cori Mia in dialetto vuol dire Cuore mio cioè la famiglia, il fulcro”.

417193BE-F512-49BC-9EB6-3ACAAF121C46

Famiglia, amore e tradizione sono gli ingredienti di questi straordinari vini.

7D2E55B6-4475-4E7B-96B9-924C47E063F3




Alagna tra powder e tappe golose

Appartata, schiva, eppure modernissima. Perché oltre le case walser, appartenenti a un altro secolo, di Pedemente e Ronco, oltre le chiesette affrescate e il profumo di legna e polenta, spuntano coloratissime tribù di giovani a caccia della neve perfetta. Non c’è nulla di più emozionante che sfiorare la leggendaria “powder”, quel mare di neve candida e leggera come la cipria sulla quale sembra di galleggiare. Alagna Valsesia è la meta di stagione, antica nel paesaggio e ospitalissima sui suoi sentieri, perché è questa la capitale del freeride, calamita irresistibile per nugoli di sciatori provenienti da tutto il mondo  che ogni inverno salgono quassù, a cercare emozioni in neve fresca. Soli, nel bianco. Lasciando che gli altri sportivi (meno avvezzi al wild) si godano in i collegamenti con Gressoney e Champoluc, per oltre 180 km complessivi di piste, che fanno del MonteRosa Ski uno dei più grandi comprensori del Paese. Il sogno è in vetta, sul massiccio del Rosa, per segnare per primi il manto intatto, alle prime luci del giorno. 

Oggi solo pochi temerari arrivano a un passo dal cielo grazie all’heliski o alle pelli di foca dello sci d’alpinismo ma, quanto prima, il giro del Massiccio potrebbe essere effettuato attraverso gli impianti, collegando quelli del Cervino (Valtournenche, Cervinia e Zermatt) a quelli del Monte Rosa (Alagna, Champoluc e Gressoney-La Trinité). Il progetto è allo studio. Meglio quindi affrettarsi per godere degli spazi immensi di queste montagne lontano dalle folle.  Anche per chi preferisce rimanere sui sentieri tracciati di Alagna, le alternative non mancano vista la buona proporzione tra piste facili e più impegnative compresa la leggendaria Olen, una nera di 4km che scende da 2880 metri fino a 2050.  Sono infatti sette le piste battute tra i 1212 e i 2971 metri ai piedi del Monte Rosa dove trascorrere un’intensa giornata di sport all’aria aperta.

La località è ideale per trascorrere una vacanza sportiva e godersi i momenti di relax nella tradizionale ospitalità della valle dove ristoranti e hotel sono in molti casi tramandati di generazione in generazione. Vecchi fienili o antiche case walser che hanno conservato nel tempo spazi e materiali, legno e pietra. Un après ski o un aperitivo all’An Bacher Wi (0163 91301) dove si può scegliere tra oltre trecento etichette guidati, eventualmente, dall’esperienza del proprietario e una polentina con la marmellata i mirtilli di Mirella Pasticceria e Camere (0163 92286), proprio sotto gli impianti di risalita, sono il giusto premio per una giornata all’insegna dello sport. Per qualcosa di più sostanzioso, il calore, l’allegria e il carré di agnello del ristorante Unione (0163 922930) allinterno del teatro ottocentesco di Alagna, rendono la giornata indimenticabile.

Alagna è stata portata alla ribalta internazionale vent’anni fa, da un gruppo di registi e nomadi a caccia di neve fresca dove poter filmare adrenaliniche acrobazie: nel 1994 i documentari Toast e Teamzero hanno trasformato Alagna e le sue vette tra le mete più ricercate dell’arco alpino. Oggi, a vent’anni dall’uscita dei documentari Alagna si trasforma in inverno, che qui inizia relativamente presto, nella capitale del freeride, ma si può anche scegliere di andare per ciaspole o dedicarsi allo sci di fondo (Centro Sci di Fondo La Marmotta Rosa di Riva Valdobbia), praticare l’arrampicata sulle cascate di ghiaccio, guidare auto e kart sulle piste ghiacciate (Ice Rosa Rink 348 2662869) e organizzare la circumnavigazione del Monte Rosa, che con i sui 4634 metri sfiora il cielo, con guide alpine ed heliski (per informazioni: Guide Alpine 0163 91310; 340 5835738).

Già  nello slogan della località, Alagna ha deciso di rimanere concentrata sul freeride, lo sci fuoripista adottando il titolo“Freeride Paradise” attribuito dalla testata Usa “Powder” . E, in effetti, nel cuore della Valsesia, la scelta per lo sci fuoripista non manca ed è dedicata agli sciatori di almeno medio livello, anche se gli esperti consigliano sempre di muoversi con delle guide per praticare il freeride, almeno per un primo approccio con la località. Discese molto lunghe e piuttosto impegnative caratterizzano l’area. Da Punta Indren a quota 3.275 parte un pistone non battuto, un classico della Valsesia su cui cimentarsi. Da Passo dei Salati, scendendo verso Alagna, si può percorrere fuoripista nel vallone d’Olen, ampi pendii con un dislivello di mille metri. Tra i percorsi più “gettonati” anche particolare la Balma, otto km di pura adrenalina che collegano il vecchio impianto di Indren al borgo lungo il vallone del Bors. Dal ghiacciacio dell’Indren, da cui lo sguardo può spaziare sui laghi e su tutta la catena delle Alpi, sono possibili diversi itinerari in fuori pista sia sl versante di Gressoney che su quello di Alagna on oltre due mila metri di dislivello di adrenalina da percorrere sci ai piedi. Altre alternative del freeride paradise sono la Valle SalzaCanale dell’AquilaValle BorsBalmaValle del LysPunta Vittoria Malfatta.

Gli impianti di risalita partono a valle, a 1212 metri, da Alagna dove la cabinovia Pianalunga porta fino a 2046 metri da cui, con la funivia Pianalunga-Cimalegna-Salati si può salire fino a 2980 metri. Con la stagione 2017-2018 sarà poi inaugurata anche una nuova seggiovia quadriposto che porta da Cimalegna a 2650 fino al passo dei Salati a quota 3030. Oltre che ad accelerare il passaggio verso la Valle d’Aosta l’impianto permetterà l’apertura delle due piste Cimalegna e Bodwich anche durante le festività e i fine settimana, quando spesso rimanevano    chiuse per via della coda che si creava alla partenza della funivia Pianalunga-Passo dei Salati.




Con Spamalot i Monty Python sbarcano in Italia

Elio porta in scena, in prima nazionale, Spamalot– Il cavalieri della tavola molto, molto, molto rotonda,  la surreale parodia della saga di Re Artù basato sul cult dei Monty Pyton “Monty Python e il Sacro Graal” del 1974 è prodotta da Lorenzo Vitali e dal Teatro Nuovo di Milano e diretta da Claudio Insegno. L’adattamento italiano di Spamalot, musical scritto da Eric Idle (membro dei Mothy Python) e John Du Prez che ha sbancato i botteghini internazionale, è firmato da Rocco Tanica. Una band di dieci elementi suonerà dal vivo. Spamalot è in scena al Teatro Nuovo di Milano fino al 6 gennaio dove promette di far divertire milanesi e non per tutte le Feste prima di proseguire la tournée nel Paese.

Spamalot è andato in scena per la prima volta a Chicago nel 2004, a 30 anni dall’uscita eni cinema del film e ha subito conquistato 3 Tony Awards. Il musical si porpone come un viaggio parodia all’interno dl mondo di Re Artù e dei cavalieri della tavola rotonda alla ricerca del sacro Graal e nel farlo ironizzasul mondo dei musical e dello show business.  

In quarant’anni anni nessuno aveva mai osato mettere in scena i Monty Python in Italia, con la loro comicità surreale e testi pieni di riferimenti e giochi verbali spesso intraducibili o difficilmente comprensibili per un pubblico non anglosassone.  “Trentaquattro anni fa vidi al cinema Monty Python, Il senso della vita – dice Tanica – e fu una folgorazione. È un onore essere stato scelto per quest’incarico”. Quanto a Elio che nei panni di Re Artù  arruolerà per un’importante missione i cavalieri della tavola molto molto molto rotonda sostiene: “Anch’io trentaquattro anni fa vidi “Il senso della vita”, ma a differenza di Rocco l’unica conseguenza fu che persi le chiavi della macchina, una 127 blu che oltretutto non era veramente mia, ma di mia mamma. Tornai il giorno dopo nel parcheggio e fortunatamente le ritrovai”.

Sul palco insieme ad Elio, Pamela Lacerenza, Andrea Spina, Umberto Noto, Giuseppe Orsillo, Filippo Musenga, Thomas Santu, Luigi Fiorenti, Michela Delle Chiaie, Greta Disabato, Federica Laganà, Maria Carlotta Noè, Simone De Rose, Daniele Romano, Alfredo Simeone, Giovanni Zummo.

 




“Figliol Prodigo” un musical di “valore”

Il Figliol Prodigo” è un musical che tocca il cuore, scritto e diretto da Isabella Biffi, in arte Isabeau. Lo spettacolo vede in scena 21 performer, fra cui alcuni detenuti di alta sicurezza del Carcere di Opera, sarà al Teatro della Luna di Milano fino al 19 novembre.

Il Figliol Prodigo” racconta una storia emozionante che viaggia fra passato e presente messa in musica da Gino De Stefani, Fabio Perversi dei Mattia Bazar e Osvaldo Pizzoli. Lo spettacolo è stato “benedetto” da Papa Francesco.

Il Laboratorio del Musical è un progetto di volontariato ideato e realizzato da Isabella Biffi, cantautrice e regista che, da quasi dieci anni, grazie alla condivisione istituzionale del Direttore di Opera e alla collaborazione dell’Associazione Culturale Eventi di Valore, utilizza l’Arte e la Cultura, quali mezzi di rieducazione e “rivoluzione umana”. Isabella Biffi non è nuova a sfide di questo genere: dopo il successo dei “Dieci Mondi“, “La Luna sulla Capitale“, “L’Amore Vincerà“, “Siddhartha“, il nuovo spettacolo “Figliol Prodigo” è un invito a superare diffidenze e chiusure e a credere che si può cambiare, aiutando gli altri a cambiare.

 




Anna Foria: da “La Febbre del Sabato Sera” a “Chicago”

“La Febbre del Sabato Sera” festeggia i 40 anni dall’uscita dell’iconico film con John Travolta a teatro con l’allestimento firmato da Claudio Insegno e prodotto dal Teatro Nuovo di Milano che da mesi sta riempiendo le sale italiane anche grazie a un cast di talenti come la travolgente Anna Foria, cantante, attrice e ballerina e co-protagonista dello spettacolo nel ruolo di “Stephanie Mangano”, che abbiamo incontrato all’indomani della tappa milanese della tournée. Napoletana, classe ’91, Anna Foria ha debuttato nel 2010 in “C’era una volta Scugnizzi” diretto da Claudio Mattone e con le coreografie di Gino Landi per poi approdare nell’ensemble de “La febbre del Sabato Sera” nella produzione del 2012 diretta da Carline Brouwer e Chiara Noschese e coreografie di Christopher Baldock e nel 2016 in “Grease” nel ruolo di Cha Cha De Gregorio. Il prossimo obiettivo? Interpretare Roxie. Non appena “Chicago” dovesse finalmente approdare sui palcoscenici italiani

Da un anno ormai “La Febbre del Sabato Sera” è sold out nei teatri di tutta Italia. Quali retroscena ci puoi raccontare?
Penso che la forza di questo spettacolo siano sicuramente le hit che tutti conoscono, queste musiche così moderne nonostante gli anni trascorsi, queste musiche che fanno vibrare tutti dalle poltrone. Ma c’è anche da dire che trovarsi in un cast coeso di persone ci dà la possibilità di far trasparire  la serenità e l’amore che proviamo nel fare questo spettacolo. Dovreste vedere il nostro backstage … abbiamo addirittura scritto il testo di una canzone su vari avvenimenti accaduti. Insomma che dire ci divertiamo molto e sia fuori che dentro la scena e questo per lo spettacolo e per noi è una grande vittoria.

Quali sono gli aspetti che ti coinvolgono maggiormente del ruolo di Stephanie Mangano?
Questi suoi modi di essere a volte un po’ troppo duri pur di mascherare i suoi momenti di fragilità e di insicurezza.

Quali sono le maggiori difficoltà che hai sostenuto per affrontata il ruolo e come ti sei preparata?
Mi sono impegnata al massimo e ho cercato come una spugna di assorbire quanto più nozioni possibile e ad oggi sono soddisfatta del risultato che ho portato in scena anche se continuamente cerco di trovare nuovi stimoli per arricchire il mio personaggio. Per affrontare questo ruolo ci sono stati tanti momenti di sconforto, ma fortunatamente sono una persona abbastanza forte e mi piace imbattermi in situazioni più grandi di me e quindi con la mia tenacia sono riuscita a superare delle lacune che credevo potessero ostacolare il mio percorso.

Eri già presente nel cast de “La Febbre del Sabato Sera” di Stage Enterteinment. Cosa ti ricordi di quella edizione?
Avevo solo 19 anni e non avevo tutta l’esperienza che ho oggi, ma non avevo nemmeno la responsabilità di affrontare un ruolo perché facevo parte dell’ensemble e quindi tutto era molto più spensierato. Ma ricordo con piacere quel bellissimo momento con un cast pieno di artisti e colleghi talentuosi.

Anna Foria 2

Prima di allora avvi avuto occasione di vedere il film del 1977? E, nel caso, il film ti aveva in qualche modo colpito o emozionato?
il film lo avevo visto appunto in occasione del musical e ad esser sincera la storia non mi ha mai entusiasmata così tanto, ma il grandissimo John Travolta era un mito in quel film e con le musiche dei Bee Gees non è stato così difficile farmelo piacere.

Dopo “La febbre del Sabato Sera cosa ti aspetta? Stai già lavorando a nuovi ruoli?
Beh dopo la Febbre chi può dirlo cosa mi aspetta, sono giovane e le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Prenderò parte ad uno spettacolo di prosa con alcuni colleghi e poi aspetterò e continuerò a fare audizioni su audizioni. In ogni caso mi auguro tante cose belle sicuramente.

Hai mai pensato di andare oltre confine, da Londra a Broadway, per confrontarti con un mercato più ampio?
Per il momento preferisco restare nella mia amata Italia fin quando ho la possibilità di lavorare, poi chissà non escludo sicuramente la possibilità di potermi appunto confrontare con un mercato più ampio.

A quale spettatolo o ruolo sei rimasta maggiormente legata?
Uno degli spettacoli a cui sono maggiormente legata è senza dubbio il musical “C’era una volta Scugnizzi” di Claudio Mattone perché ho vissuto i momenti più belli della mia vita, emozioni e sensazioni meravigliose che auguro a tutti di vivere in uno show

Qual è il tuo sogno nel cassetto? Quale ruolo vorresti interpretare?
Mi piacerebbe interpretare il ruolo di Roxie in Chicago perchè è un ruolo che mi ha sempre affascinata sin da piccola.

Anna Foria La Febbre del Sabato Sera




“Gran Varietà 2.0” porta il meglio della tv a teatro

Debutta il 16 novembre al Teatro Delfino di Milano “Gran Varietà 2.0”  con Luca Sandri e Federico Zanandrea. Lo spettacolo rimarrà in scena fino a domenica 19 novembre e sarà poi riproposto il week end successivo (23-26 novembre).  “Gran Varietà 2.0” vuole portare in scena la televisione classica, quella dove gli show del sabato sera avevano una perfetta struttura drammaturgica e le coreografie erano studiate con la cura dovuta cura dei dettalgi.

Lo spettacolo, prodotto dall’Associazione Il Mecenate, vede l’alternarsi di sketch del classico varietà televisivo arricchito da numeri musicali ballati da performer di tip tap (Valentina Bordi, Michela Brasca, Yuri Pascale Langer, Monica Patino, Ilaria Suss) e cantati da Silvia Pinto e Maria Silvia Roli. Verranno riproposti sketch di Raimondo Vianello, Ugo Tognazzi, Paolo Panelli, Gianni Agus e Walter Chiari, grandi nomi che hanno fatto la storia della tv italiana.

Il palco sarà uno studio televisivo che mostrerà tutti i retroscena e i momenti salienti delle prove che precedono la messa in onda, infatti accanto a Sandri e Zanandrea, ci sarà Marco Benedetti nelle vesti dell’assistente di studio che coordinerà tutta la “macchina televisiva”.

“Gran Varietà 2.0” -DOVE, COME E A QUANTO
Teatro Delfino di Milano in Piazza Piero Carnelli, dal 16 al 19 novembre e dal 23 al 26 novembre.
Orario: feriali ore 21.00, domenica ore 16.00
Biglietti: 15 euro