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A Milano debutta il primo escape game in un museo

Dal 23 marzo a Milano è possibile organizzare un escape game negli oltre 50mila metri quadrati di uno spazio davvero inconsueto e disponibile nei week end.

Il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia di Milano lancia infatti Planetario Perduto, il primo escape game da giocare interamente all’interno degli spazi espositivi. Un gioco di ruolo multigiocatore al confine tra fiction, realtà storica e attualità che si ripromette di mostrare, in una luce diversa, le collezioni di questa icona di Milano.

Seguendo gli indizi e interpretando le mappe, i giocatori possono infatti scoprire gli angoli più remoti dello storico museo di Milano e visitare alcune delle più importanti sezioni espositive alla ricerca delle misteriose formule celate in alcuni degli oggetti più iconici delle collezioni.

In tutto le missioni da superare sono otto e attraverso queste il gioco ripercorre le storie  di navi, sottomarini, aerei, computer e macchine leonardesche, conducendo i partecipanti attraverso le Gallerie Leonardo, la sezione Spazio, le reti e le infrastrutture di Mosaico Tecnologico, il sottomarino Enrico Toti e il Padiglione Aeronavale.

Escape game Planetario Perduto si inserisce all’interno di una più ampia missione del Museo della Scienza e della tecnica di Milano volta all’utilizzo dei linguaggi e delle tecnologie digitali per la valorizzazione del proprio patrimonio.

 

 




Ribelle e Rascasse è la ragione per cui fermarsi a Treviglio

Nel centro storico di Treviglio, tra Bergamo e Milano, Ribelle e Rascasse dà volto dal 2020 a un locale dall’anima cosmopolita in cui i vini naturali (oltre trecento etichette) e la birra artigianale si sposano a un menù stagionale particolarmente curato in cui trionfano cicchetti alla veneta e ostriche Gillardeau, formaggi italiani e francesi e salumi artigianali . Un nuovo concept che vale la pena scoprire.

Ribelle e Rascasse nasce come unione di due mondi, quello del vino naturale e quello della birra artigianale,  incarnate dai due proprietari, Ruggero Del Zotti e Roberto Attilio Nisoli, che nel 2020 hanno aperto Ribelle e Rascasse all’interno di un palazzo di fine 800. Il nome, insolito, deriva dalla combinazione di due elementi “Ribelle”, scelto da Nisoli, rinvia al Barbera (e più precisamente al Barbera rosato di Camillo Donati) e al mondo di convivialità emiliana, Rascasse voluto da de Zotti richiama l’iconica curva del circuito automobilistico di Monecarlo.

Un’accogliente corte interna si apre sul locale dai pochi coperti e dagli arredi realizzati su misura da artigiani locali tra legno e ferro, pantoni rosa cipria e verde petrolio. Entrando nel locale si è accolti da un “tavolo social” con dieci sedute e da un bancone dove potersi sedere anche per mangiare, seguito poi da piccoli tavoli più intimi e raccolti.

Ribelle e Rascasse propone per l’aperitivo un menu da condividere e stuzzicare insieme a oltre 300 vini naturali italiani, francesi e dal mondo proposti anche al calice e una vasta selezione di birre artigianali e acide oltre alla drink list stagionale fore di oltre 150 referenze. A cena il menu si articola attraverso quattro antipasti, quattro primi, quattro secondi e quattro dolci, che cambiano spesso mantenendo però alcuni piatti must come l’Uovo pochè, omaggio dello chef Giacomo Ercoli alla collaborazione con Carlo Cracco, la Battuta di manzo al coltello o lo Spaghettone alla bottarga. Sia a pranzo che a cena non mancano poi piatti signature come gli Gnocchi di patate fatti in casa con ragù di anatra in punta di coltello con fondo al cioccolato fondente e zest di arancia, resi morbidissimi da un tocco di mascarpone nell’impasto.




I tre processi di Oscar Wilde di nuovo all’Elfo Puccini

di zZz

‘In piedi. Entra la corte’ – Tutti vogliono la verità (come se ci fosse una sola verità…), ma la vogliono o senza fare domande o avendo già le risposte. La ‘corte’ giudica ciò che pensa di vedere e di sentire senza un vero contraddittorio; la corte si affida al mormorio e lo amplifica per fare ‘giustizia’ a tutti i costi. La parola d’ordine è fare ordine, costi quel che costi: normalizzare (come se ci fosse una normalità…). Ma non c’è solo una corte. C’è pure la stampa sensazionalistica e, poi, ci sono i social media e qui è ancora peggio perché, qui, chi non sa parla e chi scrive non sa. Tutti hanno la propria verità preconfezionata e, fièri, tutti accusano tutti, tutti condannano, infangano e calunniano. Ma la verità è che “la verità è raramente pura” e che “la verità non è mai semplice” (O. Wilde), nemmeno (o tanto meno) in Atti osceni [ovvero, ne] I tre processi di Oscar Wilde, in scena all’Elfo Puccini di Milano (13 gennaio-4 febbraio 2024), per la regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia.

Il sipario è aperto, il palco è vuoto. Il pubblico prende posto nella sala per assistere a un processo, ma, in questa aula di giustizia, al posto de La legge è uguale per tutti campeggia (come monito e come anticipazione di quel che accadrà sulla scena) una verità meno rassicurante e nondimeno ‘vera’: la complessità di stabilire una verità, quando di verità non ce n’è una, ma molto spesso ce ne sono ‘centomila’ o ‘nessuna’.

Atti osceni è, davvero, un dramma sulle ‘verità’: una ‘micro’ storia drammatica (quella di O. Wilde e delle sue di-avventure giudiziarie del 1895) che ha il potere di superare gli oceani del tempo ed essere attualissima e valida per tutti, non solo per lui che ama lui, per lei che ama lei etc. etc.

Più di due ore di parole: quelle dell’accusato, O. Wilde (un misuratissimo Giovanni Franzoni dalla straordinaria ed energica presenza scenica), quelle dei testimoni, degli avvocati e dei benpensanti… Tante parole che, con ritmi e timbri diversi, si alternano sapientemente e animano una vera e propria partitura a più voci mirabilmente eseguita dagli attori.

Lo spettacolo si fa seguire ed è avvincente: il tempo passa in fretta; la tensione resta sempre alta, anche se le azioni sono poche. La mano della regia (come quella del disegno delle luci) è efficacemente delicata, semplice, leggera (ma mai superficiale). Spesso il movimento degli attori sembra una danza nello spazio e nel tempo: dall’inizio alla fine la scena non cambia, ma i cambi scena ci sono e si vedono bene soprattutto quando l’ordine cronologico degli avvenimenti viene interrotto per lasciar posto alla rievocazione di fatti, parole e personaggi menzionati nel corso del processo. Insomma, uno spettacolo forte, potente e ben fatto: da rivedere e, magari, anche da riascoltare come se fosse la diretta di un processo trasmesso per radio. Un testo difficile ma tradotto per la scena in maniera talmente magistrale che non è possibile non apprezzare.

In scena al Teatro Elfo Puccini fino al 4 febbraio 2024

Atti osceni. I tre processi di Oscar Wilde

di Moisés Kaufman

traduzione Lucio De Capitani

regia, scene e costumi Ferdinando Bruni e Francesco Frongia

luci Nando Frigerio, suono Giuseppe Marzoli

con Giovanni Franzoni, Riccardo Buffonini, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Giuseppe Lanino, Giusto Cucchiarini, Filippo Quezel, Edoardo Chiabolotti, Ludovico D’Agostino

produzione Teatro dell’Elfo




La moda della gioielleria antica in mostra a Milano alla Fondazione Luigi Rovati

di Cristina T. Chiochia
Imparare o descrivere la storia del gioiello non è compito facile. Eppure Il “mood della moda della gioielleria antica” ha sempre più successo. Ne è un valido esempio la mostra a Milano presso La Fondazione Luigi Rovati a Milano che, da quando è stata aperta un anno fa, offre la rara possibilità di vedere in un contesto unico, quello di un palazzo molto conosciuto in città, dei veri tesori etruschi, anche di alta gioielleria antica.
E non solo. Molti i tesori etruschi che è possibile ammirare in una mostra che è stata realizzata ad hoc e che è diventata in breve tempo un evento.
La mostra al piano nobile e ipogeo del Museo d’Arte di questa Fondazione la cui sede è in Corso Venezia a Milano, già dal titolo “Tesori etruschi: la collezione Castellani tra storia e moda” si presta a questa idea di “mood”. E così, dal 25 ottobre 2023 al 3 marzo 2024 è possibile ripercorrere questa arte orafa e un pò tutta la cultura etrusca, in queste sale con una passione davvero unica. La mostra che è stata realizzata e resa possibile con il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma al fine di portare a Milano i reperti archeologici più preziosi ed importanti della collezione Castellani. contiene reperti unici da vedere. Quasi a comprendere cosa sia un gioiello antico, il visitatore visitando i vari ambienti , grazie anche agli altri oggetti esposti, puo’ ammirare cosa significhi appunto notare le varie piccole disomogeneità e le piccole scoloriture in cui pero’ taglio lavorazioe e stile diventano lo scopo con cui apprezzare quelle che non sono imperfezioni ma anzi, unicità dei pezzi. E cosi, una passione, vero e proprio vanto di una antica tradizione antiquaria romana che ha fatto di una arte, un lavoro. Famiglia di orafi e collezionisti (oltre che di mecenati) nel corso di un secolo, hanno saputo nell’ottocento in fermento, re-inventare l’antica arte e cultura etrusca dell’oro rendendo bronzi, gioielli antichi e ceramiche ispirazione per le loro creazioni.
Per la prima volta arriva a Milano da Roma la più significativa collezione vanto di un lavoro fitto ed incessante tra la Fondazione milanese e l’istituzione pubblica romana. Valorizzare il patrimonio etrusco non è compito facile. Eppure questa mostra ci riesce appieno, in particolare nella sala azzurra al piano nobile, dove sono presenti le oreficerie e che sono strettamente connesse alla sfera del lusso ad opera dei Castellani a partire dal loro anno di fondazione, il 1814 sino alla sua chiusura nel 1927.  Collane con pendenti ad anforetta, bracciali a moduli stile etrusco, collane con pendenti triangolari “periodo primigenio” in mostra in tutto il loro splendore.

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Il mood della moda irrompe in questa mostra realizzata con molti altri capolavori tra cui vasellame e molto altro, ma che è proprio nella sezione sulla oreficeria a fare la differenza:  nella sezione del gioiello come esempio di questo modo di creare alta oreficeria, sia quella originale etrusca, sia nelle sue repliche moderne. Nasce la oreficeria archeologica italiana, destinata ad un target specifico che la ama e crea tendenza. Non si dimentichi infatti che ebbe una influenza forte sulle ispirazioni neoclassiche della moda e del costume italiani ed europei di quel tempo fino all’art nouveau.
Una mostra inedita con veri e propri capolavori in sei sezioni che espongono gioielli antichi e riproduzioni ottocentesche, circa 80, provenienti da Roma, oltre che un insolito viaggio nel tempo:  grazie ad uno spazio espositivo, quello dell’ipogeo che come un labirinto, offre la rara esperienza di scoperta inedita di una civiltà, come quella etrusca, che è stata frutto di scavi e ritrovamenti in luoghi nascosti con l’attività di Fortunato Pio Castellani e i suoi figli, Alessandro ed Augusto che ebbero anche una bottega orafa attenta alle tendenze della moda, e che creò appunto le collezioni della moda della gioielleria antica e che ora, grazie a questa fondazione privata, oggetto di conoscenza e di sperimentazione.



MORANDI 1890-1964 la grande mostra a Palazzo Reale

 di Cristina T. Chiochia

Gli occhi aperti sul mondo. Come una porta aperta spalancata la mostra sulla pittura di Morandi. Dal 5 ottobre fino al 4 febbraio 2024 a Palazzo Reale  a Milano è stata aperta  al pubblico una mostra che va oltre la mostra: Morandi 1890 – 1964 a cura di Maria Cristina Bandera è un capolavoro.

Non solo per la qualità delle opere ma anche per l’accurata ricerca ed il loro accostamento, alcune addirittura cronologiche ed esposte una di seguito all’altra. Perché il visitatore potrà ammirare non solo il modus operandi del pittore, ma anche la sua evoluzione stilistica nel tempo.

Un piccolo capolavoro di ricerca e cura. Di passione e di ideazione. Un piccolo capolavoro realizzato su un pittore bolognese molto amato ma anche complesso. E per molti versi questa mostra segna un punto di partenza ideale per comprenderlo a tutto tondo, essendo una delle più importanti e complete retrospettive mai realizzate.

Milano a Palazzo Reale, nel suo piano nobile, insomma ospita 120 capolavori provenienti da ogni dove con un allestimento ben curato e realizzato per mettere in risalto la produzione del pittore, in particolare appunto degli ultimi decenni in cinquant’anni di attività.

Con questa nota di continuità che non potrà non essere notata dai visitatori , la mostra segue il filo ideale di altre retrospettive, in particolari internazionali sempre curare dalla stessa curatrice, tra cui Mosca, Bilbao e New York.

Ma perché Milano? Per il forte legame che il pittore ebbe con la città, come infatti recita il comunicato stampa: erano infatti lombardi o vivevano a Milano i primi grandi collezionisti di Morandi come Vitali, Feroldi, Scheiwiller, Valdameri, De Angeli, Jesi, Jucker, Boschi Di Stefano, Vismara – parte delle cui raccolte furono donate alla città, e milanese era la Galleria del Milione, con la quale il pittore intrattenne un rapporto privilegiato”. Ma sono appunto gli accostamenti dei quadri a colpire. Fino ai quadri dell’ultima sala, che spostano l’attenzione allo studio del pittore. E con due opere su ci che vedeva da casa sua, fa immaginare un mondo , fatto di grandi e di piccole cose, come una porta spalancata.

Giorgio Morandi nel suo studio, fotografato da Herbert List
1953
© International Center of Photography/Magnum Photo




Only For Pet Lovers: un giorno speciale per cani di piccola taglia a Milano

Domenica 17 settembre, dalle 11 alle 18, nella magica cornice dei Giardini della Guastalla di via Francesco Sforza, uno dei parchi pubblici più antichi della città, avrà luogo Only For Pet Lovers, un evento speciale, totalmente gratuito dedicato ai cani di piccola taglia dove, insieme ai loro amati padroni, avranno modo di passare tanti momenti divertenti e curiosi tra attività glamour, giochi, performance, cultura cinofila, food sostenibili e molto altro.

L’organizzatrice di eventi e nota pr milanese Vanessa Ricci (“mamma” di ben tre mini dog) torna così a proporre con Only For Pet Lovers un nuovo appuntamento appositamente pensato per far vivere loro, in tutta sicurezza, una vera e propria giornata di festa senza timore di incorrere nei rischi oggettivi del confronto, anche giocoso, con gli amici a quattro zampe di mole maggiore solitamente presenti in altre manifestazioni canine

Un’occasione per scoprire, per chi non lo conoscesse, un affascinante angolo verde di 12mila metri quadri in pieno centro, realizzato nel 1555 da Paola Ludovica Torelli, contessa di Guastalla, primo giardino della città ad ospitare un’area cani fin dal 1960 e, dal 1998, ad istituire la libera fruizione per gli amici a quattro zampe di correre liberi, per volontà di Caterina Azzi, presidentessa dell’Associazione Amici della Guastalla (ente che gestisce il parco insieme al Comune). Un’iniziativa pionieristica divenuta successivamente modello per altri parchi/giardini in città.

Ed è anche per questo motivo che Only For Pet Lovers, grazie al suo programma ricco di valori etici e divulgativi, è riuscito ad ottenere il patrocinio del Comune di Milano – Municipio 1, nell’ottica di promuovere e far conoscere questo gioiello nascosto e poco noto anche ai milanesi, concedendolo per la prima volta ad un evento del genere.

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Il programma di attività dell’evento, disponibile sul sito onlyforpetlovers.it, è molto ricco!

Per questo Only For Pet Lovers è un appuntamento davvero imperdibile per tutti i pet parent e per i tanti appassionati di cani di piccola taglia. E’ gradita la conferma di partecipazione scrivendo una mail a info@onlyforpetlovers.it.

In caso di pioggia, l’evento verrà rimandato alla domenica successiva.




Alla Fabbrica del Vapore di Milano apre la mostra TRASFORMARE IL VETRO. NATURA, MATERIA E SOSTENIBILITÀ

Il Comitato Nazionale Italiano AIHV, Association Internationale pour l’Histoire du Verre, partecipa alla Milan Glass Week come partner culturale di VITRUM, Salone Internazionale Specializzato delle macchine del vetro e dei suoi prodotti trasformati per l’industria.

Nelle passate edizioni, il Comitato Nazionale Italiano AIHV ha giocato un ruolo determinante nel far conoscere le collezioni di vetri antichi e artistici custodite nei musei di Milano. Grazie al programma di visite “Le Vie del Vetro” archeologi, storici dell’arte ed esperti di vetri antichi e moderni hanno messo – e mettono anche quest’anno – a disposizione del pubblico la loro competenza, per esplorare a fondo il mondo del vetro del passato.

Questo viaggio ha portato alla scoperta delle collezioni di vetro dei musei milanesi, svelando pezzi straordinari, spesso poco conosciuti, che fungono da autentici scrigni di memoria, che ci portano indietro nel tempo e ci mostrano le prime esperienze del design moderno.

Nell’edizione 2023, il Comitato, in collaborazione con la Fabbrica del Vapore – Comune di Milano, presenta la mostra “TRASFORMARE IL VETRO: NATURA, MATERIA E SOSTENIBILITÀ.” Questa mostra espone le opere di cinque artisti contemporanei che si sono confrontati con il vetro come materia principale, riutilizzando anche oggetti usati o mescolandolo con materiali naturali o artificiali, in un dialogo tra arte e natura che si accentua sul tema della sostenibilità.

La mostra affronta tematiche come il riciclo e il riuso di oggetti, non solo in vetro, il rapporto tra vetro e natura e la commistione di materiali diversi.

Miriam Di Fiore, Giuse Maggi, Leonardo Nava, Lorenzo Passi e Remo Rachini, artisti attivi principalmente in ambito lombardo, hanno selezionato opere che, pur essendo qui parte di un percorso corale, si esprimono in modo originale nel sentire e nel trattare la materia.

Ciascuna opera è il risultato di perizia tecnica e di una profonda comprensione delle capacità trasformative del vetro. In questa esposizione, il vetro, nato dal fuoco come materia fluida che si solidifica e assume il suo colore definitivo solo raffreddandosi, oggetto misterioso e alchemico, si misura con altri materiali.

Le opere in mostra interagiscono con lo spazio industriale della Fabbrica del Vapore, richiamando l’industria e il lavoro umano. Questo dialogo offre spunti di riflessione sull’attualità e sul modo in cui l’arte si esprime attraverso il linguaggio artistico.

Il vetro in questa mostra non è un accidente ma una scelta precisa. Al centro di tutto c’è il concetto di trasformazione: il vetro si trasforma  da sabbia a qualcosa di completamente diverso, mantenendo nella trasparenza, nella fluidità e nel colore le sue cifre più caratteristiche.

Un viaggio espositivo che comincia dalle opere di Miriam Di Fiore e i suoi paesaggi in vetro di straordinaria abilità tecnica, passando alle “Entità” scolpite da Giuse Maggi “sculture morbide” che richiamano il movimento della natura e invitano all’interazione, fino al dialogo di Leonardo Nava tra vetro e natura, senza una reale compenetrazione tra i diversi elementi ma con un contatto e una relazione evidenti, e alle “pelli” di vetro di Lorenzo Passi che rivestono oggetti trasformati dalla natura dando loro nuova vita, fino all’opera di Remo Rachini ispirata all’antica arte del mosaico in vetro.

Gli artisti saranno presenti in mostra nei giorni 6 (Leonardo Nava), 7 (Giuse Maggi), 8 (Remo Rachini) e 9 settembre (Lorenzo Passi) alle ore 18:00, per accogliere i visitatori e illustrare la loro opera.

Fabbrica del Vapore – Milano 

Dal 6 al 24 settembre 2023

info:

www.storiadelvetro.it

www.fabbricadelvapore.org

www.glassweek.it

www.fabbricadelvapore.org




Robert Doisneau: la bellezza delle cose che ci circondano

di Cristina T. Chiochia

Le foto di Robert Doisneau arrivano a Milano dal 9 Maggio 2023 con 130 immagini in bianco e nero e sembrano prendere vita già ad occhi chiusi presso il Museo Diocesano Carlo Maria Martini, in una mostra antologica emozionate in un viaggio sino al 15 Ottobre 2023 in cui si segnalano del foto sugli iconici anni ’50 in Francia in particolare a Parigi davvero interessanti. La mostra, curata da Gabriel Bauret, grazie a i personaggi rappresentanti, in bianco e nero si diceva, intenti a fare “qualcosa”, in una sorta di bolla senza tempo e senza spazio, quasi  a dare vita ad un teatro inedito, come quello umano che emoziona, fa sorridere, meditare. Durante la conferenza stampa quello che si è messo in luce  è non solo di essere di fronte alle foto di uno uno dei più importanti fotografi del Novecento ma anche, come recita il comunicato stampa che questa è una “esposizione, curata da Gabriel Bauret, promossa da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e prodotta da Silvana Editoriale, col patrocinio del Comune di Milano, col contributo di Fondazione Banca Popolare di Milano e di Fondazione Fiera Milano, ripercorre la vicenda creativa del grande artista francese, attraverso 130 immagini in bianco e nero, tutte provenienti dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau a Montrouge, nell’immediata periferia sud di Parigi“. Una sorta, insomma, di atto d’amore, che, in fondo, la fotografia è, attraverso improbabili personaggi, bambini (spensierati), uomini, donne , innamorati pieni di vita e di passione e personaggi famosi che diventano vere e proprie icone della “sua”città.  Vedere “il lato bello”, insomma della vita, lui che iniziò come pubblicitario e fini per diventare un grande fotografo. Perdersi per le strade di Parigi, come nella vita, osservare la “sua” città  contemporanea e riconoscerne un pò di quelle emozioni umane ora forse un po’ demodè e da secolo scorso e sicuramente, di cui, la recente pandemia da covid, ha un po’ disabituato: amore e vita in strada, dove anche un bacio può dare scandalo e lo si vive quindi con indifferenza, cosi come tra la gente sconosciuta e quella famosa, che sia per il gusto di sentirsi o essere vivi. Lontana la guerra, esplode la vita. In mostra inoltre, anche ritratti di Jacques Prévert, Pablo Picasso (con la celebre foto dell’amico) ed i tanti protagonisti di quegli anni.  Presente alla mostra anche il video documentario biografico della nipote Clementine Deroudille dal titolo Robert Doisneau uscito nei cinema italiani nel 2017 con il sottotitolo “La lente delle meraviglie” ed inoltre, tra i capolavori esposti, anche la  foto del bacio, Le baiser de l’Hôtel de Ville del 1950. Iconica foto che ritrae una giovane coppia che si bacia davanti al municipio di Parigi mentre la gente cammina veloce e distratta. L’opera, per lungo tempo identificata come simbolo della capacità della fotografia di fermare l’attimo, non è stata scattata per caso: Doisneau, infatti, stava realizzando un servizio per la rivista americana Life e per questa chiese ai due giovani di posare per lui. Una mostra voluta da Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e prodotta da Silvana Editore che ne cura anche il catalogo.Un modo per perdersi nella bellezza delle cose che ci circondano, almeno qualche ora.




Il miniaturista Bosch e la possibilità di un altro Rinascimento

di Cristina T. Chiochia

A Palazzo Reale di Milano è stata inaugurata il 9 novembre la grande mostra Bosch e un altro Rinascimento, promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Castello Sforzesco, e realizzata da 24 ORE Cultura. La mostra è stata curata da Bernard Aikema, Fernando Checa Cremades, e Claudio Salsi e basta sfogliarne il catalogo per vedere che l’intento è appunto quello di testimoniare questo grande lavoro a tre mani, che è stato fatto con molta passione e dedizione sia di ricerca che ti valutazione e monitoraggio. Un catalogo che offre anche spinti insomma su quale sia il significato dell’aver realizzato una mostra del genere, in tutta la sua interezza proprio a Milano per la prima volta e sotto la direzione artistica di Palazzo Reale e Castello Sforzesco, per rendere omaggio al grande genio fiammingo e alla sua “fortuna”, sia per rimandi che per spefici riferimenti, nell’Europa meridionale ed in tutto il mondo.

In un mondo dove non esisteva la distinzione tra arti minori ed arti maggiori, il lavoro di Bosch concentrato nella prima sala , evidenzia come questa distinzione successiva, ai suoi tempi, non esistesse. E che ogni riferimento al suo mondo fatto di miniature, diventi nelle dimensioni grandi di una pala o di un quadro, analogamente slancio per aggiungere e mai togliere qualcosa alla sintesi perfetta del disegno, che, strato dopo strato di colore, diventa forma da assecondare, svolgere, avvolgere con colori e la magia del senso grafico, quasi fumettistico, della sua arte. Bosch insomma come miniaturista “in grande”.

Copiato ed ammirato. Spesso in un mondo onirico e variegato tanto amato dai surrealisti che lo riscoprirono, svolto in modo inedito e dal respiro europeo, in particolare grazie allo stato portoghese e la città di Bruges.

Come recita il comunicato stampa: “l’esposizione di Palazzo Reale non è una monografica convenzionale, ma mette in dialogo capolavori tradizionalmente attribuiti al Maestro con importanti opere di altri maestri fiamminghi, italiani e spagnoli, in un confronto che ha l’intento di spiegare al visitatore quanto l’‘altro’ Rinascimento – non solo italiano e non solo boschiano – negli anni coevi o immediatamente successivi influenzerà grandi artisti come Tiziano, Raffaello, Gerolamo Savoldo, Dosso Dossi, El Greco e molti altri“. Da segnalare poi che  proprio grazie alla collaborazione tra istituzioni italiane, in particolare dell’Ambasciata d’Italia in Portogallo, ma anche dell’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona con il Museu Nacional de Arte Antiga, a  Milano e nella mostra di Palazzo Reale è cosi possibile ammirare il famoso “Trittico delle Tentazioni di Sant’Antonio”, opera che difficilmente prima ha lasciato il Portogallo e in Italia per la prima volta in assoluto.

Da Bruges, poi , il celebre “il Trittico del Giudizio Finale” (che originariamente faceva parte della collezione del cardinale veneziano Marino Grimani).
Ma anche altri prestiti europei tra cui quelli  del Museo del Prado  e delle  Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Una mostra su Bosch che a distanza di secoli, celebra il celebre miniaturista come pittore di grandi opere dal linguaggio inedito e fantastico, che ha ispirato mondi artistici, ta cui la scultura e che ha lasciato eredi in tutto il mondo.

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Da segnalare anche il prestito di Fondazione Pisa Musei a cui è dedicata addirittura una parete della mostra quando nella sua collocazione pisana è in un anonimo corridoio, nel camminamento verso le mostre temporanee dell’atrio: una creatura mostruosa, femminile, nuda, forse una arpia attribuita ad un allievo di Michelangelo Buonarroti e che originariamente come segnala il catalogo della mostra era presso Palazzo Lanfranchi, forse parte di una fontana. Una donna che si proietta in avanti, con drammaticità e durezza. Una scultura forse concepita per sorprendere, chissà e che lo stesso Pandolfo Titi, autore di una guida settecentesca pisana, colloca nel giardino del Palazzo Lanfranchi come una figura “accovacciata, su un rospo gigantesco” così ben fatta, e tanto al naturale che una, e l’altra paiono vive”. Come appunto gli animali fantastici di Bosh, onirici e magici.



Il Pop di Andy Warhol a Milano

di Cristina T. Chiochia

Arriva il “Pop” a Milano. Torna l’arte popolare della vera Popular Art, quella di Andy Warhol nella sua accezione più bella: quella della forma. Non a caso infatti la mostra presso la Fabbrica del Vapore di Milano si intitola appunto ” Andy Warhol: la pubblicità della forma”. Un evento singolare per il pubblico milanese che troverà l’essenza di ciò che “pop” significa: ovvero qualcosa, un oggetto nella fattispecie, che viene prodotta in serie e quindi non per una persona, ma per tutti.

Pop ovunque quindi nelle diverse aree tematiche della mstra, ben sette, con ben 13 sezioni.Come recita il comunicato stampa: “con oltre trecento opere divise in sette aree tematiche e tredici sezioni – dagli inizi negli anni Cinquanta come illustratore commerciale sino all’ultimo decennio di attività negli anni Ottanta connotato dal rapporto con il sacro –  la spettacolare mostra Andy Warhol. La pubblicità della forma è promossa e prodotta da Comune di Milano–Cultura e Navigare, curata da Achille Bonito Oliva con Edoardo Falcioni per Art Motors, Partner BMW.

Aperta dal 22 ottobre 2022 sino al 26 marzo 2023 a Milano alla Fabbrica del Vapore, è un viaggio nell’universo artistico e umano di uno degli artisti che hanno maggiormente innovato la storia dell’arte mondiale”.

Un modo unico per scoprire Warhol ed il suo mondo, tanto che il curatore della mostra Bonito Olive, lo definisce ” il Raffaello della società di massa americana che dà superficie ad ogni profondità dell’immagine rendendola in tal modo immediatamente fruibile, pronta al consumo come ogni prodotto che affolla il nostro vivere quotidiano. In tal modo sviluppa un’inedita classicità nella sua trasformazione estetica. Così la pubblicità della forma crea l’epifania, cioè l’apparizione, dell’immagine”.

Basta soffermarsi nelle sale per percepire l’incanto dell’immagine pop come essenza delle cose. E questo vale per tutte le sezioni. Merito di questa possibilità più unica che rara, la passione di Eugenio Falcioni altro curatore della mostra e  fondatore di EF ARTE e che al suo attivo mostre di Mimmo Rotella e altri esponenti del Nouveau Réalisme per diventare poi un vero esperto sull’opera di Andy Warhol.

Infatti, come aggiunge il comunicato stampa : “Responsabile di Art Motors oltre che tra i principali collezionisti e prestatori è Eugenio Falcioni, tra i massimi esperti di Andy Warhol. Dopo il successo della Mostra di Roma nel 2018 al Complesso del Vittoriano, oggi Falcioni vuole omaggiare la sua città adottiva Milano con una esposizione esaustiva, per la maggior parte di opere uniche. Molte provenienti dall’Estate Andy Warhol, due di Keith Haring e di altre prestigiose collezioni private”.

Un modo per scoprire l’arte pop in mille sfaccettature insomma e davvero molto attuale: motori, donne e …polaroid, come parenti prossimi di instagram.

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Sono infatti le sue istantaneee di vita a colpire di questa mostra vera e propria “pubblicità della forma”, allora come ora, attraverso l’immediatezza delle immagini e forse, chissà per questo così attuale. E’ in particolare questa sezione della mostra a colpire le polaroid di Warhol infatti sono in mostra come archivi viventi, come pagine di instagram provenienti dal passato. Grazie anche a quello sviluppo immedito che fecero della Folding PAck, in mostra anch’essa, una vera icona, ecco che l’elemento centrale è appunto la notorietà. L’essere protagonisti, anche se solo di uno scatto di una polaroid, ma subito visibile, grazie allo sviluppo immediato. Dai celebri scatti di dopo-pranzi dove gli ospiti in trucco e parrucco, venivano immortalati contro un muro, agli scatti come “diari visivi” con persone celebri e non. Sia che si trattasse di moda o autorittratti, da personaggi celebri o solo “istragrammabili” come si direbbe oggi, i quadri di polaroid di Warhol meriterebbero da soli una visita alla mostra. Per immergersi in quel senso di appartenenza “pop” che, in fondo, non si è mai abbandonato.

foto di Giovanni Daniotti