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Mario Perrotta racconta la Grande Guerra

Mario Perrotta, per la prima volta al Piccolo, porta in scena il quindicidiciotto con “Milite Ignoto”, piccole storie della Grande Guerra, monologo tratto da tratto da “Avanti sempre” di Nicola Maranesi. Lo spettacolo che segna il debutto di Mario Perrotta al Piccolo, al Teatro Studio dal 15 al 20 novembre, racconta il primo, vero, momento di unità nazionale.  È, infatti, nelle trincee di sangue e fango che gli italiani si sono conosciuti per la prima volta: veneti e sardi, piemontesi e siciliani, pugliesi e lombardi accomunati dalla paura e dallo spaesamento per quell’evento più grande di loro, smarriti nella babele di dialetti che risuonavano in quelle trincee. Per questo Mario Perrotta immagina tutti i dialetti italiani uniti e mescolati in una lingua d’invenzione, una lingua che si facesse carne viva, una lingua nuova che regala allo spettacolo un suono sconosciuto ma poggiato sulle viscere profonde del nostro Paese.

“Questa è l’unica cosa che ricordo: che sono in guerra, una guerra enorme, mondiale addirittura e io – io che non so più chi sono, io sconosciuto anche alla sola madre che mi resta, la Madre Patria – io, per essa giurai di morirmene, proprio come le altre 90.000 tonnellate di muscoli e ossa, morte prima di me” commenta, appunto, il Milite Ignoto dell’Opera.

“Ho scelto questo titolo, “Milite Ignoto”, perché la prima guerra mondiale fu l’ultimo evento bellico dove il milite ebbe ancora un qualche valore anche nel suo agire solitario …. E per ignoto ho voluto intendere “dimenticato in quanto essere umano che ha, appunto, un nome e un cognome. E una faccia, e una voce” sostiene Mario Perrotta che poi aggiunge: ” Nella prima guerra mondiale, gradatamente, anche il nemico diventa ignoto, perché non ci sono più campi di battaglia per i corpo a corpo, ma ci sono trincee dalle quali partono proiettili e bombe anonime. Un conflitto spersonalizzato in cui gli esseri umani coinvolti sono semplici ingranaggi della macchina della storia, del meccanismo che li ingoia e li trasforma in cose. E proprio per questo sono andato controcorrente e ho rivolto la mia attenzione verso le piccole storie, verso gli sguardi e le parole di singoli uomini che hanno vissuto quegli eventi dal loro particolarissimo punto d’osservazione, perché questo è il compito del teatro, o almeno del mio teatro: esaltare le piccole storie per gettare altra luce sulla grande storia”.

COME, DOVE E A QUANTO
Milite ignoto -quindicidiciotto, spettacolo di Mario Perrotta con Mario Perrotta
Piccolo Teatro Studio Melato (Via Rivoli, 6 – M2 Lanza)
dal 15 al 20 novembre 2016
Orari: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16.
Biglietti da 26 euro

 




Edoardo Sylos Labini rivive la Grande Guerra al Manzoni

di Giuliana Tonini – Dopo l’anteprima al Teatro Sociale di Busto Arsizio, il 22 ottobre è andato in scena in prima nazionale, al Teatro Manzoni di Milano, lo spettacolo ‘La Grande Guerra di Mario’, liberamente ispirato al capolavoro cinematografico di Mario Monicelli ‘La Grande Guerra’.

La regia è di Edoardo Sylos Labini – che è anche l’attore protagonista assieme a Debora Caprioglio – su drammaturgia di Angelo Crespi. L’allestimento è co-prodotto dalle eccellenze di Busto Arsizio B.A. Film Festival, prestigioso festival cinematografico giunto quest’anno alla tredicesima edizione, e dall’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni, accademia del cinema nata nel 2008 con l’obbiettivo di essere una fucina per forgiare i futuri attori e registi di successo. In scena al Manzoni fino all’8 novembre, il debutto dello spettacolo è stato accompagnato, prima dell’apertura del sipario, da una sentita esibizione della Fanfara dei Bersaglieri nel foyer del teatro.

In occasione dei cento anni dall’entrata in guerra dell’Italia, il poliedrico e apprezzatissimo attore Edoardo Sylos Labini – che, di recente, ha dato corpo e voce sul palco a personaggi della nostra Storia come il Vate Gabriele d’Annunzio e l’imperatore romano Nerone – dà vita al fante di trincea Mario Rossi. La Grande Guerra di Mario è, sì, liberamente ispirato al gioiello di Mario Monicelli, ma, dalla prima all’ultima scena, sviluppa una sua propria personalità nel delineare la figura dell’italiano medio che non ha voluto la guerra per cui è costretto a combattere e che più di una volta viene tentato dall’evitare il rischio e dalla diserzione. E che invece, inaspettatamente, non esita a comportarsi in extremis da eroe, quando sente dentro di sé che la Patria che è stato chiamato a difendere contro voglia non è quell’ideale astratto e inculcato di cui si riempie la bocca il Capitano suo superiore, che ottusamente giustifica la guerra e le sue logiche spietate (lo spettatore però scoprirà che anche dietro la durezza del rigido Capitano si cela un dramma); ma la Patria da difendere sono i compagni di trincea che, all’alba dell’indomani, dovranno affrontare uno di quegli assalti dai quali difficilmente si torna indietro, e la donna di cui si rende conto che, se la guerra non avesse deciso diversamente, avrebbe potuto innamorarsi e con cui avrebbe potuto costruire una vita.

Non è un caso che i personaggi dei soldati abbiano nomi come Mario Rossi, Ambrogio e Gennaro, che personificano l’uomo medio, brianzolo, napoletano oppure, come appunto Mario Rossi, l’archetipo dell’Italiano. La Grande Guerra di Mario – come il film di Monicelli e tutta la drammaturgia di genere bellico – ci sbatte in faccia le vite stravolte e in bilico di persone che, come tutti noi, avevano una vita e un lavoro normale, talvolta anche una piccola proprietà, come la cascina di Ambrogio, e che sono stati mandati in mezzo al fango delle trincee e dei campi di battaglia, con la consapevolezza che ogni giorno avrebbe potuto essere l’ultimo della loro vita. E ci mostra le vite non certo serene di chi è rimasto a casa, come Adalgisa, vedova di guerra (il marito è morto durante il suo primo assalto di sfondamento), che si trova a dovere fare la prostituta.

Durante lo spettacolo si riflette e ci si commuove, ma si riesce anche a sorridere, sdrammatizzando la tragedia secondo i canoni della migliore commedia all’italiana, di cui Monicelli è stato uno dei grandi maestri.

Da applausi tutti gli attori in scena. Edoardo Sylos Labini, che riesce a farci identificare nel suo Mario Rossi; Debora Caprioglio, brava e intensa nel fondere nella sua recitazione i tratti di commedia e di tragedia del suo personaggio; Gualtiero Scola e Francesco Maria Cordella, i compagni di trincea Ambrogio e Gennaro; Marco Prosperini, il capitano Corti; Giancarlo Condè, lo spietato ufficiale austriaco. E, ultimi ma assolutamente non ultimi, i componenti di unQuartettoParticolare, Francesco Bossi, Federico Pinardi Faletti, Giacomo Giannangeli e Marco Cusenza, che, nell’ambito dell’azione teatrale e nel ruolo di soldati in trincea, interpretano dal vivo celeberrime canzoni del tempo di guerra, tra cui La Canzone del Piave, Tapum e La Tradotta, la canzone che ci racconta del treno adibito al trasporto dei soldati, che ormai non fa più fermate e va diretto al Piave, cimitero della gioventù.

Cento di questi spettacoli, per noi che abbiamo la fortuna di essere nati e di vivere in un’Europa in pace da settant’anni, cosa mai successa prima d’ora. Per noi per cui le guerre avvengono solo in Paesi lontani e dai cui orrori la gente cerca di fuggire, venendo a bussare alle porte dei nostri tranquilli Paesi. Per noi che corriamo a prendere l’ultimo modello di iPhone appena esce sul mercato altrimenti, se non l’abbiamo, può anche darsi di sentirci sfigati, è sempre un bene quando qualcuno ci ricorda che solo cento anni fa – sì, solo cento, perché la Storia insanguinata del nostro Continente è lunga parecchi secoli – ognuno di noi avrebbe potuto essere Mario, Ambrogio, Gennaro o Adalgisa, o uno di quegli adolescenti spediti al fronte, uno dei ragazzi del ’99.

DOVE, COME, QUANDO

A Milano, al Teatro Manzoni dal 22 ottobre all’8 novembre 2015

Orari: feriali 20,45 – domenica ore 15,30

Biglietti: da 23,00 euro. Giovani fino a 26 anni, 15,00 euro.




La Grande Guerra di Mario va in scena al Manzoni

La Grande Guerra di Mario è una storia di armi, di amicizia, di passione, di amore profondo e di un uomo destinato ad essere eroe, suo malgrado. liberamente ispirato a “La grande guerra” di Mario Monicelli, il dramma debutta al Teatro Manzoni di Milano il prossimo 22 ottobre con la regia di regia Edoardo Sylos Labini.

Sylos Labini, insieme a Debora Caprioglio, coadiuvati dalla drammaturgia di Angelo Crespi, portano in scena la Grande Guerra, prima espressione di una mobilitazione totale delle masse, attraverso cui l’Italia maturerà in modo traumatico una propria identità.

Due atti dove con il sorriso, qualche volta amaro, si dipinge la personalità ell’italiano che andò a morire al fronte per la Patria.

Siamo al fronte. Mario, soldato semplice di fanteria, romano sottoposto al militarismo insensato del suo superiore, il capitano Corti, combatte la propria battaglia di sopravvivenza con Ambrogio, brianzolo, fragile, e sognatore e Gennaro, napoletano, disincantato. Con loro il resto della truppa, un battaglione di giovani fanti. Poco lontano dalla prima linea, Adalgisa, vedova di guerra, e prostituta sotto falso nome. I due progettano di disertare, ma quando lei viene catturata dai nemici, Mario capisce il suo amore per la donna e decide di immolarsi per lei e per i suoi commilitoni.

DOVE, COME, QUANDO
Al Teatro Manzoni dal 22 ottobre all’8 novembre 2015
Orari: feriali 20,45 – domenica ore 15,30
Biglietti: da 23,00 euro