Newsies … si può fare di più

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Avrebbe dovuto essere il fenomeno dell’anno, la prima produzione al di fuori degli Stati Uniti del musical definito dall’ufficio stampa “fenomeno di Broadway“, ma alla prova dei fatti le attese su Newsies sono state deluse. Ovviamente, attese relative al cosiddetto “fenomeno di Broadway” che peraltro porta anche una firma di peso, quella della Disney (o a voler essere precisi Disney Theatrical Productions) e da cui, visto anche le produzioni in giro per il mondo (da La Bella e la Bestia, a Il Re Leone a Mary Poppins), ci si poteva decisamente aspettare qualcosa di più.  A iniziare dall’accortezza nella scelta di un teatro, il Barclays Teatro Nazionale,  che per la metà dei posti presenti, quelli in galleria, offre una visuale spaccata letteralmente a metà dalla balaustra (si veda la foto). Ovviamente una difficoltà presente anche in altre tipologie di show ma che per un musical come Newsies limita fortemente l’opportunità di apprezzamento di uno spettacolo fatto di coreografie e momenti scenografici e che, per di più, ha numerosi spazi svolti in platea e quindi difficilmente godibili dall’altra metà del cielo.

La storia raccontata in Newsies è interessante e poco conosciuta ed, encomiabilmente, tratta di giustizia sociale e amicizia. Una scelta sicuramente innovativa in uno scenario dove fin troppo spesso i musical altro non rappresentano che zuccherose storie d’amore. Newsies, tratto da un film del 1992 di Kenny Ortega, racconta dello sciopero indetto dagli strilloni di New York nel 1899. Una manifestazione che, nonostante la giovane età dei protagonisti (poco più che bambini nella realtà) fece capitolare mostri sacri dell’editoria come Joseph Pulitzer e William Randolph Hearst. I magnati dovettero infatti accettare la restituzione dei giornali invenduti da parte degli strilloni, una condizione oggi alla base dei contratti che regolano le vendite die giornali in edicola ma che 120 anni fa non era così scontata. Fino appunto alla lotta dei bambini strilloni rappresentati in Newsies come adolescenti.  Peccato che, nel materiale sul “fenomeno di Broadway”, la realtà storica della vicenda rappresentata in Newsies, forse la parte più autenticamente interessante dello show, non sia minimamente accennata, un’occasione persa.

Detto questo in Newsies c’è un’orchestra (un dato non così scontato), trenta persone in scena molto valide, delle coreografie molto interessanti tra un gusto un po’ retro e l’innovazione pura (ma poco godibili dalla galleria perché tagliate a metà dalla balaustra), e un  cast eccezionale davvero energico.  Cosa non funziona o meglio funziona meno delle attese considerando una simile produzione e le firme riportate da Newsies (Alan Menken come colonna sonora ad esempio)? Prima di tutto il teatro, o meglio, come si è già detto, la galleria che rovinava il godimento dello spettacolo, ma lo si è già detto. La lunghezza, forse eccessiva, di Newsies. Venti minuti in meno avrebbero  giovato a Newsies, tanto più che talvolta si ha l’impressione che l’intervento cantato sia un po’ forzato. Il titolo, Newsies per un italiano non vuol dire proprio nulla, uno sforzo di adattamento alla lingua di Dante forse era necessario e dovuto. Quanto alla colonna sonora, nonostante abbia vinto nel 2012 il Tony Award (l’altro premio vinto da Newsies Broadway è per le coreografie), che dire? E’ indubbiamente piacevole ma spesso ppare ripetitiva e, in definitiva, priva di quello che spesso si cerca in un musical … una canzone portante che resti impressa. Magari anche più di una ….

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