Storie di resilienza al Premio Wondy

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di Morgan Le Fay – A Milano la premiazione dei finalisti del “Premio Wondy”.

Un premio letterario dedicato alla resilienza, di certo l’unico in Italia, probabilmente anche nel mondo: “Premio Wondy” è l’iniziativa lanciata circa un anno fa dall’associazione “Wondy sono io”, nata in memoria di Francesca Del Rosso, giornalista, blogger e scrittrice, morta nel dicembre 2016, a 42 anni, dopo una lunga battaglia contro il cancro. L’idea è venuta, quasi d’istinto, ad Alessandro Milan, giornalista e marito di Francesca.

Francesca, “Wondy” per gli amici, amava i libri e ha portato avanti, fino all’ultimo, una straordinaria testimonianza di resilienza, affrontando la malattia non soltanto con grande coraggio e forza d’animo, ma anche con ironia e quasi leggerezza. Anche grazie a lei, che, tra le altre cose, per diverso tempo ha tenuto un blog su “Vanity Fair” dal titolo “Le chemioavventure di Wondy”, la parola resilienza ci sta diventando un po’ più familiare: una capacità, insita in ognuno di noi (anche se magari non ne siamo sempre consapevoli), di resistere agli urti, alle difficoltà della vita, senza spezzarci, di trasformare anche le esperienze più negative in opportunità, in qualcosa di positivo. L’associazione intende diffondere proprio questa cultura della resilienza, attraverso varie iniziative (potete trovare tutte le informazioni sul sito wondysonoio.org).

Il “Premio Wondy” è una di queste. Alle case editrici (e ben ottanta hanno risposto) è stato chiesto di inviare un’opera, di recente pubblicazione, che avesse a che fare con la resilienza. Tra i sei romanzi arrivati in finale, ne è stato premiato uno da una giuria tecnica e uno da una giuria popolare, che ha potuto votare sulla pagina Facebook dell’associazione.

Le opere finaliste sono:
La rondine sul termosifone, di Edith Bruck, ed. Nave di Teseo
Non volevo morire vergine, di Barbara Garlaschelli, ed. Piemme
Voi due senza di me, di Emiliano Gucci, ed. Feltrinelli
Magari domani resto, di Lorenzo Marone, ed. Feltrinelli
La notte ha la mia voce, di Alessandra Sarchi, ed. Einaudi;
Quello che mi manca per essere intera, di Ilaria Scarioni, ed. Mondadori.

La giuria tecnica, presieduta da Roberto Saviano, era composta da Daria Bignardi, Paolo Cognetti, Ferruccio de Bortoli, Luca Dini, Donatella Di Pietrantonio, Chiara Fenoglio, Chiara Gamberale, Emanuele Nenna, Paola Saluzzi e Gianni Turchetta.

La premiazione dei vincitori si è svolta il 5 marzo al teatro Manzoni di Milano, in collaborazione con Edizioni Condé Nast, rappresentata per l’occasione da Luca Dini, direttore editoriale e membro della giuria, che Wondy l’aveva conosciuta molto bene.

L’evento è stato presentato da Ambra Angiolini e Alessandra Tedesco, giornalista di Radio 24 e amica di Francesca, che hanno trascinato sul palco anche un Alessandro Milan, in verità un po’ riluttante, e ha visto la partecipazione di numerosi personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, come Roberto Bolle, Rossella Brescia, Caterina Balivo, Martina Colombari, le cantanti Malika Ayane e Paola Turci, con le loro voci straordinarie.

Di ogni opera finalista era stato scelto un brano rappresentativo, letto da altrettanti attori, tutti bravissimi e visibilmente commossi: Alessandro Borghi, Marco D’Amore, Matilda De Angelis, Marta Gastini, Vittoria Puccini e Valeria Solarino.

I romanzi, di cui alcuni autobiografici, raccontano, senza sconti, storie segnate da eventi dolorosi, che hanno dato una svolta, spesso drammatica, alle vite dei personaggi. Eppure, nello stesso tempo, sono vicende percorse da un incrollabile, ineludibile, amore per la vita. Storie resilienti, appunto, di chi ha saputo rialzarsi, affrontare e superare anche le situazioni più dure, trovando in sé inaspettate risorse.

Un momento particolarmente toccante è stata la testimonianza di Mutlu Kaya, una ragazza diventata, tre anni fa, la star di un talent show in Turchia, grazie alla sua voce angelica e a una sfolgorante bellezza. Il fidanzato, che non gradiva la sua carriera televisiva, le ha sparato alla testa. Lei è miracolosamente sopravvissuta, ma purtroppo con gravi danni cerebrali, che l’hanno costretta su una sedia a rotelle e a un lungo, difficile percorso di recupero. Eppure, l’altra sera Mutlu era lì, sul palco, a sorridere e cantare ancora, a raccontare la sua storia, a manifestare il suo ottimismo e la sua gioia di vivere, salutata dal pubblico con una lunga standing ovation.

Ma è giunto il momento di sciogliere finalmente la suspense con la proclamazione dei vincitori:
la giuria popolare ha scelto “Non volevo morire vergine” di Barbara Garlaschelli, mentre la giuria tecnica ha assegnato il premio a “La notte ha la mia voce” di Alessandra Sarchi. Due storie, per alcuni aspetti simili, che affrontano problematiche forti, estreme, ma che hanno molto da dire a tutti noi, perché non è necessario ammalarsi di cancro o essere colpiti da una disabilità o da un lutto per essere (o imparare a essere) resilienti. Ognuno, poi – come ha sottolineato Alessandra Tedesco a mo’ di conclusione – trova il suo modo, la sua strada, per superare le avversità.

La serata è stata un successo, che ha mescolato parole e musica, allegria e commozione, toccando le corde più profonde di tutti i presenti, ospiti e pubblico (e la cosa era palpabile), senza mai cedere alla tristezza: una festa, insomma, proprio come sarebbe piaciuto a Wondy.
Appuntamento, dunque, alla prossima edizione, e buona resilienza a tutti!

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